Ed ecco che il mio martedì mattina, già macchiato dalla
pioggia, è stato definitivamente rovinato dalla lettura del giornale. In
particolare, la notizia che mi ha definitivamente avvelenato la giornata è la
seguente: l’arresto di quattro poliziotti con l’accusa di rapine e violenza nei
confronti di spacciatori maghrebini.
Ha un bel dire Merola che questa volta “non è la uno
bianca”. No, certo che non lo è, nel senso che non siamo ancora a quel livello
disgustoso di violenza ed abuso di potere, ma è inevitabile che reati di questo
tipo, a Bologna, facciano pensare immediatamente ad una delle pagine di cronaca
cittadina più nere.
Ma il problema non è solo lo spettro della uno bianca,
quello che mi avvelena e il razzismo su cui si basano questi eventi. Già, perché
in una città che, soprattutto sotto la giunta Cofferati, si è riempita la bocca
di parole come “legalità” e “degrado” fino a farle diventare quasi degli
insopportabili luoghi comuni, chi mai darebbe ascolto ad un pusher nordafricano
che cerca di denunciare violenza e rapina per mano delle forze dell’ordine? Le
stesse forze dell’ordine che qualche anno fa lanciarono una campagna in stile
“chi difende i difensori”, come se le pistole non fossero loro ad averle. Uno
degli uomini, sequestrato aggredito e rapinato, si è recato in questura a
sporgere denuncia, ma non gli è stato dato ascolto.
E io, pur essendo troppo giovane per ricordarmi bene della
uno bianca, ricordo benissimo altre vicissitudini. Ricordo la mia adolescenza
trascorsa vivendo nella celeberrima via Petroni. Ricordo di quando c’erano le
risse sotto casa, con coltelli e bottiglie. E io avevo imparato che dovevo sì
chiamare la polizia, ma non dovevo dire che erano extracomunitari, altrimenti
non sarebbero mai intervenuti e avrebbero lasciato che si uccidessero a
vicenda.
E ricordo, già che ci siamo, forze dell’ordine decisamente
poco accoglienti, che quando ti rivolgevi a loro per fare una semplice segnalazione
manco ti ascoltavano se prima non ti facevi identificare. Ricordo una ragazzina
tanto punk quanto innocua perquisita per strada (controllo preventivo), o
costretta ad alzarsi se si sedeva per terra – dato che non ci sono panchine -
in Piazza Verdi a godersi un pomeriggio di sole (decreto contro il bivacco).
Ricordo infine che in via Petroni non mi è mai successo
nulla, né di giorno né di notte. E non grazie alle cinquanta volanti paralizzate
in Piazza Verdi che non si muovevano mai neanche di un millimetro e che non si
sognavano di andare a dare un’ occhiata a quello che succedeva esattamente alle
loro spalle. Ma grazie al fatto che in via Petroni c’era sempre gente comune
disposta ad intervenire se vedevano una ragazza in difficoltà. C’erano locali
nei quali infilarsi se qualcuno ti seguiva e se nel cuore della notte per
strada una donna urlava la gente scendeva a vedere cosa stava succedendo. Anche
in pijama se necessario. E capitato addirittura che fossero i pusher stessi a
redarguire un qualche loro particolarmente molesto “collega” e poi ad
accompagnarmi fin sotto casa!
Chi difende i difensori? Chiedetelo ad una Bologna che si è
più volte difesa da sola con la solidarietà e che oggi impallidisce davanti ad
un tragico fatto di cronaca e ai brutti ricordi.
Ad onor del merito (o semplicemente dello scrupoloso
svolgimento del proprio lavoro): Il procuratore aggiunto Valter Giovannini ed
il sostituto procuratore Manuela Cavallo che hanno dato credito alle accuse
mosse contro i loro colleghi e aperto l’inchiesta.
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