venerdì 24 febbraio 2012

Torna in scena Fortebraccio Teatro con Ubu Roi

Condivido con gioia e con un sentito in bocca al lupo (oppure con un sentito "merda", come si dice nell'ambiente) quanto notificatomi dall'ufficio stampa della compagnia Fortebraccio Teatro: Roberto Latini (attore e regista romano, nonchè direttore del Teatro San Martino di Bologna) torna in scena con la sua ultima produzione, Ubu Roi di Alfred Jarry, questa volta accompagnato da numerosi altri attori.
Le prossime date dello spettacolo sono:

28 febbraio presso il Teatro Rasi di Ravenna

1,2,3 marzo presso il Teatro delle Passioni di Modena http://www.emiliaromagnateatro.com/

21, 22, 23, 24 marzo presso il Teatro India di Roma http://www.teatrodiroma.net/

Consiglio a tutti quanti, e soprattutto a me stessa, di non perderlo!


Ubu Roi                                                  





Già che ci sono colgo l'occasione per farmi un po' di sana pubblicità e condividere anche una recensione redatta dalla sottoscritta per il precedente spettacolo di Latini, Titanic, pubblicata sul numero di ottobre 2011 della rivista "Gagarin, orbite culturali" http://www.gagarin-magazine.it/




Noosfera Titanic.
Una produzione di Libero Fortebraccio Teatro
Di e con Roberto Latini

Che cos’è la Noosfera? Uno spazio? Un tempo? Oppure la negazione di spazio e tempo? Qualunque cosa sia viene ricostruita sul palco attraverso la scena nuda, spoglia. Pochissimi gli elementi presenti. Spariti i microfoni, le distorsioni vocali ed i congegni elettronici e scenografici che hanno caratterizzato molte sue precedenti produzioni. Sparito tutto quanto. Rimane solo la recitazione, la finzione dichiarata. Il Teatro. Ma anche il teatro stesso, quanto a lungo riuscirà ancora a reggersi in piedi? quanto ci vorrà prima che crolli miseramente in testa all’attore, seppellendolo per sempre? E siamo proprio sicuri che non sia addirittura già crollato?
 “Rompete le righe”. Così si apre Noosfera Titanic, il secondo spettacolo, dopo “Noosfera Lucignolo” del nuovo percorso di ricerca firmato Fortebraccio Teatro. Ancora una volta un’ unico attore: Roberto Latini. Solo. Un vecchio telefono rappresenta l’unico ingannevole contatto col mondo. L‘ acqua, dentro cui Lucignolo arrancava verso nuove possibilità, è stata sostituita da un mucchio di terra bianca e opaca. Un sottile velo nero separa l’attore dal pubblico.
Ancora una volta: “Rompete le righe, rompete le righe”. E ancora, ancora, finchè la voce non viene spezzata dal pianto. Inutile fingere  Inutile raccontarsi che non è successo niente, inutile tentare di rassicurare: Il Titanic sta affondando, trascinando a fondo un’intera generazione di sognatori. Un uomo alla deriva della sua solitudine, simbolo di una civiltà che naufraga. Un attore che ha visto perfettamente arrivare l’iceberg, che ha sentito benissimo lo schianto e che ora non può fare nulla se non continuare a recitare, come l’orchestra del Titanic che suona fino all’ultimo istante, mentre il mondo affonda nella sua stessa melma.
Una figura osserva dall’alto e ride, impietosa e beffarda mentre la sofferenza si fa via via più manifesta. Gli interventi musicali e sonori di Gianluca Misiti contribuiscono a creare un’ atmosfera lugubre, sospesa, surreale.
Un grido di dolore, dall’inizio alla fine. A volte Il grido tenta di amplificarsi con un megafono e di raggiungere finalmente tutte quelle orecchie sorde che si ostinano ad ignorare la tragicità degli eventi, ma lo slancio vitale viene troncato sul nascere. Ed è un gridare alla vita anche lo scavare forsennatamente nella terra per tentare, forse, di salvarsi. Ma dopo essersi sollevata in aria, la terra ricade inesorabilmente simile ad una pioggia bianca ricoprendo la scena, sporcando l’uomo e confondendo la realtà.
Alla fine dello spettacolo, mentre Roberto Latini viene applaudito con sincero calore dal pubblico, io mi ritrovo a ricordare una battuta pronunciata dallo stesso Latini, in suo vecchio spettacolo. Le parole, sia pur dette a suo tempo in un contesto molto diverso, mi risuonano nitidamente nella testa: “Tienimi. Tienimi come quando fa paura”.


Sara Kaufman, "Gagarin, orbite culturali", ottobre 2011


                                                     

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