Ah, la tragica realtà di chi ha consacrato la propria vita
all’arte –e agli artisti- per poi doversi scontrare frontalmente con questo
mondo carnivoro che tutto si prende e niente regala! Ahimè, la drammaticità
degli eventi, quando ti svegli un giorno e vorresti (e sarebbe anche ora) essere tu ad
inforcare pennello e tavolozza e nessuno di tutti quelli che tessevano le tue
lodi e si dichiaravano pronti a morire d’amore per te, nessuno, si scomoda ad
aiutarti! La disperazione più nera! Quando cerchi di convincere il mondo a
guardare anche quello che sai fare tu e non solo quello che puoi far fare a
loro! Ah, mondo crudele, destino cinico e baro, quello delle muse…
Perciò Signore e Signori, solo per voi stasera, il “Lamento
di una Musa”, composto in una notte d’inverno, mentre la neve ammantava la
città, opera veritiera sulla tragicità di un tal ambiguo ruolo.
Note di regia: L’intero testo va recitato in proscenio, con
tono rassegnato e distante, come se l’interprete fosse già passata oltre…
Luci: lume di candela
Musiche: strazianti violini e, magari, un’arpa. In caso
foste a corto di musicisti mi permetto di suggerire un gruppo rom, composto di
violini e fisarmoniche, che tutti i giorni esegue magistralmente il Canone di Pachelbel in Piazza Dumo a Milano
Costume: naturellement, nudo integrale.
LAMENTO DI UNA MUSA
Di tutti voi sono stata la musa. E ora? Chi si donerà a me?
Chi si lascerà osservare, spiare, penetrare e intrappolare per i miei, e solo
miei, scopi? Chi mi donerà tempo ed anima?
Vi h offerto i miei sogni, donato i miei pomeriggi e le mie
notti. Vi ho regalato il mio sguardo e ho imparato a renderlo tanto potente
da ipnotizzare chiunque e mandare in
frantumi qualunque obbiettivo. Questo vi ha incantato, meravigliato, sconvolto,
convinti che fosse magia, mentre era solo il frutto di un intenso esercizio, la
palestra di ogni musa che si rispetti.
Mi avete guardata, valutata, esaminata sotto tutte le luci
possibili. Il mio corpo? Il mio corpo non ha più segreti per voi. Per voi, e
solo per voi, l’ho spogliato di abiti e pudori. Ho imparato a controllarne i
movimenti, ad addolcirne le forme e le proporzioni oppure, all’occorrenza, a
renderlo spigoloso. Ho studiato la mia ombra e ho imparato a farla danzare.
Ho riso, pianto, ho imparato ad essere sia donna che
bambina. Perfino umo ho imparato ad essere. Io conoscevo i vostri desideri
prima ancora che li conosceste voi. Mi bastava guardarvi un attimo, sentire un
attimo il suono delle vostre voci, per avere già perfettamente chiaro quello
che volevate realizzare. E vi mostravo quello che volevate vedere, vi davo la
musa che volevate avere. Ed ero io, da
brava musa, ad indicarvi la strada, a prendervi per mano e a trascinarvi nel
vortice e a condurvi sani e salvi fino all’uscita. Io. Non vi ho mai lasciati
soli.
Ho imparato a controllare i miei movimenti, ad adattarli
alle vostre esigenze con la precisione di una coreografia. Ho modulato la mia voce, modificato il mio
respiro, creato melodia coi battiti del mio cuore. Tersicore, Euterpe. Sono
stata immobile, per ore ed ore ed ore. Per ore ed ore ed ore non ho sentito
freddo, né intorpidimenti, né crampi. Non ho tossito e non ho starnutito. Non
mi sono grattata. Praticamente non ho vissuto se non per la mia, la vostra,
immobilità. Tutte le pose, anche le più innaturali, ho imparato a renderle così
naturali che neanche la natura stessa mi avrebbe potuta fare meglio. Tutta la
mia artificiosa naturalezza nelle mie pose, per voi. Ma quando è la musa a
voler afferrare il pennello e violentare la tela, chi di voi mi restituirà un
po’ di naturalezza?
Vi ho commosso, eccitato, turbato. Vi ho fatto sorridere,
sospirare. E mi avete ringraziata. Coi baci mi avete ringraziata, con le
lacrime. Mi avete abbracciata stretta stretta e non volevate più farmi andare
via che è sempre triste quando la musa se ne va. Ma ora, mi ricambiereste il favore?
Di tutti voi sono stata la musa. Di me avete scritto,
parlato, raccontato. Del mio corpo avete dipinto, scattato, ripreso. Delle mie
parole avete rubato l’essenza. E ora? chi ribalterà il ruolo, per me?
Sipario.